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Miscellaneous

“Non siamo scarti” e se anche lo fossimo ci meritiamo di essere “Riciclati”

 
Atdal-over 40 (http://www.atdal.eu/) è un’associazione per Tutela dei Diritti Acquisiti dei Lavoratori.  Si muove a vari livelli, per trovare soluzioni ai bisogni dei lavoratori disoccupati; è nata in Lombardia ma si è sviluppata su tutto il  territorio nazionale con una forte presenza nel centro Sud  in particolare a Roma e nel Lazio.
L’iniziativa nasce nel 2002 grazie ad un  ex dirigente di una multinazionale, Armando Rinaldi,  costretto a concordare le “dimissioni” a dicembre 1999 a 51 anni di età e con 34 anni di contributi versati.
Ma come? Gli imprenditori dicono che si può produrre bene fino a 65 anni (ed oltre) e poi contemporaneamente si liberano degli over 40-45-50?! 
Bene, per modo di dire….  vi voglio segnalare un documentario Diario della crisi – “Non siamo scarti” …….
Nel documentario ci sono le storie, le perplessità, le paure e le ansie di 7 protagonisti, Dilva Giannelli, Marco Sambruna, Stefano Giusti, Fedele Sposato, Mara Pantanella, Giovanni La Ratta e  Nicola Di Natale.
Ma parliamo di Dilva, visto che il 7.3.2012 è stata soggetto di un’articolo** sul TG24  a cura di Mimmo Lombezzi.
Chi è Dilva?
Donna milanese che ha iniziato a lavorare come art director in una grossa agenzia pubblicitaria e doveva essere brava, perchè la forza con cui comunica il suo dramma di disoccupata, ha bucato l’afasia e la timidezza di milioni di italiani che hanno perso il lavoro nel corso di un memorabile battibecco su La7 con il ministro (oggi ex) Giorgia Melloni.
Ecco la sua storia.  “Lavoravo come art director alla ‘Livraghi, Ogilvy & Mather’ – racconta – dove per 7 anni ho ricoperto, con successo e soprattutto nell’ambito TV, il ruolo di senior art director. Nel 1993, Livraghi, vende la sua quota agli americani e se ne va. Arriva un tagliatore di teste che, senza badare a esperienze, competenze e meriti, mette anche me nell’elenco degli ‘esuberi’. Dopo qualche mese di mobbing (allora termine ancora sconosciuto ai più) non reggo più. Ero troppo abituata a lavorare e amavo il mio lavoro, per cui accetto la proposta del tagliatore di teste (scoprirò, dopo, che mi era stato offerto poco più della liquidazione) e me ne vado, con sussidio di disoccupazione. Allora esisteva…”
Da quel giorno inizia per Dilva finisce la “monotonia” del posto fisso e sale sulla giostra dei lavori precari per piccole e grandi agenzie che ricorrono volentieri alle paghe in nero e, quando serve, anche al mobbing. Sino al giorno in cui – anche a causa della “crisi percepita”, la sua attività da libera professionista si riduce progressivamente a zero”. La speranza di sentirmi “normale” sta scomparendo. Ogni giorno, sempre più, la mia ‘indefinibilità’ nel mondo lavorativo mi sta togliendo tutte le sicurezze che mi permettevano di definire anche me stessa. Intendiamoci, so che persona sono, conosco i miei pregi e difetti, il mio pensiero, la mia visione etica e sociale ma, senza un ruolo professionale, io non so più chi sono.
Da tre anni ad oggi, il fatto di avere ogni anno sempre meno lavoro (il mio vecchio lavoro) fino alla mia totale insufficienza economica, sta mettendo sempre più in discussione anche le mie capacità. So bene qual è la causa di questa mia vita precaria ma, sempre di più si fa largo nella mia testa il pensiero di non essere all’altezza, di non essere in grado. Mi dico ‘non è possibile che solo io non riesca a ricollocarmi, che l’opportunità di svolgere il lavoro che potrei e vorrei fare (che ho già dimostrato di saper fare più che bene), per me non possa esistere’.
Chiarisco: non provo affatto disamore nei confronti della vita. L’ho conosciuta ed è bella, belli sono i miei amori, i miei affetti, le mie passioni, le mie battaglie, i miei credo ma, come faccio ancora a credere? Dove trovo la forza? Ogni settimana, lentamente, cado in un’oppressione pesantissima, uno stato che non mi permette nemmeno di parlare perché il bisogno di piangere è più forte. Piango fino in fondo e poi, per qualche giorno, mi risollevo un po’.
Contemporaneamente a questo ‘tirarmi su’, aumenta la rabbia che, ormai, sta diventando odio. Odio che, addirittura, vorrei sfogare con la violenza. Aumenta l’insensibilità nei confronti dei problemi altrui: tutti sono meno importanti del mio… Tutti, e questo, per la mia coscienza, è inaccettabile. Però è vero: come posso occuparmi della vita degli altri se sono io a non riuscire a sopravvivere? Oggi io mi sento ‘diversa’. Quando prendo un mezzo pubblico guardo con invidia e rabbia coloro che vanno o vengono dal luogo di lavoro, e penso: ‘loro sì che sono normali’. Gli aiuti chimici funzionano sempre meno ed è inutile pensare ad un aiuto psicologico: il mio problema non è esistenziale, è profondamente materiale, reale. Io non ho il male di vivere”**
I nostri protagonisti del documentario nel 2011 hanno mandato un video messaggio al Ministro Tremonti [Troppo vecchi per lavorare, troppo giovani per la pensione. In rete mandano un messaggio di denuncia al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: “Vogliamo dirle che noi, onorevole, noi espulsi dal lavoro , da questa crisi non siamo ancora usciti”. Cinque storie in quattro minuti di “disoccupati maturi”]
Ricordiamo tutti che i disoccupati sopra i 40 anni sono più di un milione e mezzo e fra loro più di 250.000 non andranno mai in pensione. E’ una massa di sofferenza e di frustrazione che nel 2009 ha prodotto 357 suicidi. Uno al giorno.
Riflettiamoci su…
La vostra videoterapista

Discussione

2 pensieri su ““Non siamo scarti” e se anche lo fossimo ci meritiamo di essere “Riciclati”

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    Pubblicato da Android | 0000, V3113Europe/Rome20143007Europe/RomeVen, 13 Giu 2014 07:31:39 +0200am+02:0014CEST3106Europe/Rome

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